Crush - Recensione

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  1. SUPREMO KING™
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    Piattaforme: PSP
    Produttore: SEGA
    Sviluppatore: Zoe Mode/Kuju Entertainment Ltd
    Distributore: Halifax
    Genere: puzzle game
    Età consigliata: 7+
    Supporto multiplayer: no
    Data d’uscita: disponibile dal 25 Maggio 2007


    Alzi la mano chi non ha mai trascorso una notte insonne. Sì, una di quelle notti interminabili, in cui ogni singolo minuto sembra durare quanto un conclave, ed ogni minimo scricchiolio rimbomba nella cupola della calotta cranica come un piede di porco che si infila tra le ante del portoncino blindato.
    Bene, sapete di cosa parliamo, dunque. Una ogni tanto è un’esperienza fastidiosa, due di seguito sono già sufficienti ad obnubilare i sistemi cognitivo e sensorio, ma il prolungarsi ininterrotto di notti di veglia è in grado di minare seriamente le funzioni neurologiche di chiunque, nonché stravolgere i ritmi circadiani che governano silenziosi il nostro tempo biologico.
    Insomma, Danny non ce la fa più. Ormai ridotto ad uno stato pressoché larvale, il simpatico protagonista dell’ultima fatica targata SEGA decide di giocare la carta della disperazione per interrompere il terribile digiuno di sonno che lo perseguita da mesi. A mali estremi estremi rimedi: cosa di più audace che affidare il proprio cervello alle cure (!) di un sedicente neuroscienziato, per mettere la parola fine alla tortura e poter finalmente accomodarsi al fianco di Morfeo?
    Ma la mente umana – si sa – non è certo un posticino tranquillo, soprattutto quella del malcapitato Danny; anzi, ad essere chiari e sinceri, è una vera kashba ed il Professore stila rapidamente la sua diagnosi: troppi problemi, troppe memorie, troppe ansie irrisolte albergano tra i neuroni di Danny perché egli possa serenamente abbandonarsi tra le braccia della notte. Terapia (se possibile ancor più angosciante della malattia): lui stesso dovrà addentrarsi nei meandri della sua mente e cercare di venirne a capo. Come? Niente di più semplice, grazie al favoloso macchinario messo a punto nel laboratorio del canuto strizzacervelli: complessi algoritmi neuronali viaggeranno dallo scalpo del povero insonne, incalottato con un elmo d’acciaio dal quale come una testa di Medusa di staccano innumerevoli cavi e connessioni, destinati a chissà quale autostrada di silicio per poi finire (ovviamente) sul brillante pannello della nostra cara PSP.
    Fin qui il plot narrativo, sceneggiato a mezzo di vignette statiche ben disegnate e colorate in stile occidentale, secondo una tendenza attualmente molto in voga nelle produzioni destinate all’intrattenimento portatile, risparmiosa com’è in termini di tempo, risorse umane e kilobyte rispetto, ad esempio, a ben più affascinanti ma complesse sequenze in computer grafica o poligonali. Mano felice che si nota anche nel design dei menù, semplice e funzionale, ma al tempo stesso moderno e scanzonato, quanto basta per un titolo ironico come questo Crush.

    Punti di vista.

    Una produzione fresca, dunque, inquadrabile nel folto e multiforme gruppo dei puzzle game a livelli, che si propone di reinterpretare meccaniche di gioco fritte, rifritte e ripassate di nuovo, combinandole in maniera inedita e condendole con qualche idea genuina, per servire ai raffinati palati degli amanti del genere qualche ora di sano divertimento.
    Rompicapo, si è detto, di quelli in cui c’è da condurre un alter ego digitale dal punto A all’uscita B (alla Lemmings, tanto per citare il capostipite) attraverso difficoltà di ogni sorta, raccogliendo come novelli Pollicino briciole di varia foggia, rincorsi da angoscianti “Hurry up!” o liberi di prendersela con tutto comodo. Dall’esordio del genere, con il primo capitolo della saga degli ominidi dai capelli blu (su Amiga nel 1990), innumerevoli cloni più o meno innovativi ed intriganti hanno occupato i nostri pomeriggi, introducendo, chi più e chi meno, varianti nel gameplay e modifiche tecniche, muovendosi insieme al resto delle produzioni attraverso grafiche a due e tre dimensioni.
    Come rinnovare dunque un genere che sembra calzare a pennello nella lucida scocca ellittica della portatile Sony, tenendo testa a piccoli miracoli di game design quali il mai troppo osannato LocoRoco, o i due stilosissimi capitoli di Exit, o ancora l’incompreso ibrido Gripshift, lo stesso discreto remake di Lemmings, il simpatico Tokobot e il magnetico Mercury?
    Nella casa del porcospino blu, questa volta, sembra si siano dati da fare più del solito, le idee sono venute fuori e, come spesso accade, sono le cose più semplici quelle che funzionano meglio: tutti i paradigmatici elementi del genere (piani, scale, elementi inerti e non), presenti e variamente configurati nei singoli livelli, sono allo stesso tempo a due e tre dimensioni. Mi spego meglio: di default il nostro protagonista si muove in un ambiente poligonale (3D), ma alla semplice pressione del dorsale L scatta il mirabolante effetto Crush, e tutti i piani visibili sullo schermo si sovrappongono, creando un piano di gioco più simile ad un classicissimo platform bidimensionale. Detto così sembra un gran casino, ed in effetti lo è, ma solo fino a quando non avrete abbandonato gli schemi mentali sedimentati in anni di esperienza videoludica nelle vostre cortecce cerebrali: dopo la prima, breve fase di apprendistato, lo stratagemma spaziale ideato dagli sviluppatori, ben accoppiato ad un level design ad hoc (non potrebbe essere altrimenti, pena il caos) si dimostra decisamente interessante. In effetti l’idea non è completamente nuova: già nei due più recenti capitoli di una celebre saga Nintendo, il baffuto idraulico in rosso e la sua allegra combriccola si erano visti costretti ad uno stretching dimensionale per avanzare nelle loro avventure, ma a dispetto del mondo cartaceo di Paper Mario, qui l’eliminazione dell’asse Z (la terza dimensione) è elemento integrato e fondamentale nella soluzione dei livelli, nonché motore del ragionamento del giocatore.

    Sogno o son desto?

    Quaranta, tanti sono gli stage attraverso cui dovremo condurre il barcollante Danny per completare la terapia, distribuiti in quattro location differenti, a rappresentare quattro “luoghi” nella memoria del giovane protagonista, sedi delle sue più recondite angosce. Una curva di apprendimento ripida, ma celere, ci conduce dopo un mini-tutorial nel vivo delle prime difficoltà, cui altre se ne aggiungeranno progressivamente e costantemente lungo tutto il percorso, fino ai crediti finali, sempre introdotte da rapidi insegnamenti del nostro benefattore in camice bianco. Nel corso del gioco poi, sarà possibile richiamare ulteriore aiuto sotto forma di suggerimenti testuali in particolari occasioni con il tasto triangolo, laddove la X è deputata al balzo, il cerchio all’interazione con elementi mobili, mentre il tasto quadrato serve ad acquattarsi. Il completamento di ogni stage sblocca la modalità trofeo, in cui un numero finito di crush a disposizione ed il tempo limite rendono un vero calvario il nostro percorso ad ostacoli. I dedali tridimensionali in cui condurre Danny sono sospesi in ambienti dai colori, toni e animazioni in grado di donare ad ognuna delle quattro ambientazioni la giusta atmosfera tra l’onirico ed il visionario, com’è lecito aspettarsi dall’esplorazione dei recessi della mente. Niente di eccezionale, ma comunque piacevole e adeguatamente accoppiato a motivi lisergici di discreta fattura e varietà.

    Muri del pianto

    Tutto a posto, quindi? Non proprio, ma quasi. Il disegno dei “muri” ed il buon livello di sfida – piuttosto incostante, purtroppo – mantengono alta l’attenzione, e gli enigmi spaziali proposti al giocatore intrigano e coinvolgono quanto basta per surriscaldare i neuroni: studiare l’effetto del crush sugli elementi a schermo da ogni proiezione tra le cinque possibili (le quattro sul piano orizzontale più quella dall’alto) rappresenta la chiave fondamentale per aprire le porte alla soluzione del quadro. Qui viene un piccolo neo del gioco: il formidabile esercizio mentale di “predire” la sovrapposizione dimensionale, già prima del comando apposito, è a volte talmente arduo da scatenare un furioso trial and error nelle situazioni più complesse, complice la possibilità di ususfruirne a dismisura e la mancanza di un tempo massimo per la riuscita delle operazioni. Il rischio perciò è quanto di peggio si possa immaginare per un puzzle game, cioè giungere alla soluzione dei livelli per tentativi piuttosto che per ragionamento.

    Fave e piccioni.

    Se all’alba dello sviluppo videoludico, dopo la prima fase – diciamo - sperimentale, si sono andati definendo i generi fondamentali (il rompicapo, il picchiaduro, il gioco di ruolo, il gioco sportivo e chi più ne ha più ne metta), la nuova sfida di game designer e produttori è oggi quella di reinventare i generi, muovere il mercato dalla granitica staticità delle vecchie catalogazioni per offrire ad un pubblico sempre più adulto prodotti svincolati dalle trite meccaniche di maniera che invadono le nostre console.
    Proprio da SEGA, che pare non voler mai mettere la parola fine alle saghe che ne hanno fatto la fortuna, spesso riesumando titoli ormai destinati alla crematura con remake di cui avremmo fatto a meno senza sacrificio, arriva – udite, udite – un prodotto nuovo ed in esclusiva per PSP. Due piccioni con una fava, direbbe il popolo, era ora diciamo noi.
    Buone idee ben implementate sembrerebbero bastare per fare di questo Crush un titolo di primo piano e un brand dal buon potenziale per SEGA; pur senza il genio e la personalità dei migliori esponenti del genere, è un ottimo solletico per le meningi degli amanti del ragionamento a fini ludici ed un punto ulteriore da segnare nel tabellone per l’hardware tascabile di Sony, finalmente affiancato da un parco titoli degno, per varietà e qualità, del nome che porta stampigliato sul fronte.


    E’ con un sentimento, tra il sospiro di sollievo ed il “lo dicevo io…”, che siamo al punto in cui compilare la sezione “in alternativa” in una recensione PSP pone un piacevole imbarazzo della scelta (i due MercurY che fine hanno fatto?): che la mattonella più costosa del mondo abbia finalmente trovato la sua strada? Sperém…

     
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